Roma 2014
Trovo davvero molto difficile parlare e scrivere di questa mia maratona. La sento mia, come ogni altra, insieme, non la sento mia, non la voglio ricordare, non ne voglio (più?) sapere.
Arrivo sabato pomeriggio nella capitale e mi dico "hey, siamo a Roma", sono felice anche se so benissimo di non essere preparato e che tutti i dolori che mi porto appresso saranno un fardello troppo pesante. Giusto appunto, lo stomaco inizia a fare il suo sporco, bruciato lavoro. Vai di pasticche della felicità!
Arrivo in albergo e trovo gli amici veneti del forum con cui andiamo insieme a salutare il Mosè e a ritirare il pettorale. Troviamo altri amici nel tragitto, fino al ritrovo per la cena: siamo tanti e tutti allegri ma c'è una parte di me, che vorrei non fosse mia e che in effetti mi pare estranea, un cancro che vuole solo andare a dormire. Altra pasticca per sedare lo stomaco!
La notte trascorre piuttosto rilassata anche se prima di una gara si dorme normalmente poco. Colazione leggerissima, come ormai d'abitudine, e via allo start insieme agli amici del forum: un calore necessario e ben utile in mezzo agli scrosci di pioggia e vento. LA voglia di andare c'è e questo conta!
Attesa infinita per lo sparo e finalmente possiamo liberare le gambe: siamo stati sotto l'acquazzone fino ad ora ed i primi km invece esce un umido sole, insomma un caldo...
Da subito capisco che le metatarsalgie non si accordano per nulla con l'asfalto ed i sanpietrini romani: è immediato calvario a cui provo a resistere e non pensare.
Il ritmo è basso in mezzo alla folla dei 19000, mi dico che è meglio, così tengo più energia ma non è così, sono stanco e mi fanno male i piedi ad ogni passo, ho le pulsazioni sballate e poco fiato. Perché, perchè, perchè?
Le meraviglie della città eterna mi aiutano a non pensare, il passaggio di fronte a San Pietro è da lacrimoni. Continuo a provare, provare, provare e passo la mezza e poi i 25 quasi senza accorgermi (ottimo) ma la parte maligna di me, celata nel dolore, mi dice che io non faccio parte di quel fiume in festa che corre, non sono degno, non dovrei essere lì, che non voglio farlo: inizia il mal di stomaco, lo aspettavo prima, tanto meglio, vaffanculo!
Riesco a non fermarmi lungo la salita dell'Acetosa ma proprio quando inizia la discesa le fitte varie mi danno lo stop: speravo di arrivare a 30 senza fermarmi e, come una beffa, sono 29!
Decido di camminare un po' e poi provare a corricchiare fino ai 34, oppure ritirarmi ai 30 se mi sentissi davvero male: riesco ad arrivare ai 34, forse, perché i ricordi sono molto sfumati, e riprendo la camminata.
Mi dico che posso fermarmi al 35 ma poi mi dico anche che, ormai, cosa vuoi che sia... Insisto facendo un km di corsetta - chiamiamola così, ed uno camminando, i piedi non li sento più lo stomaco lo sento sempre di più: mi toglie il fiato, sento i polmoni lavorare a metà perché se li riempissi di più schiaccerei proprio la sotto dove non potrei nemmeno sfiorare, ora come ora. Continuo a pensare che non mi diverto, che cosa ci faccio in mezzo a questa gente, speriamo finisca in fretta. Nemmeno "San peridone" può fare più nulla per me.
Km 40, è ora di ripartire al trotto... Neanche per idea, chiedo ai volontari se hanno qualcosa da darmi, nulla. Mi porterebbero loro al traguardo? Noooo. Cammino, esco da quel tunnel con la musica infernale, mi impongo una mezza corsetta almeno fino all'arrivo. Mi vogliono fermare perché non ho il pettorale e mi tocca schivare e correre all'indietro per mostrare a tutti che è spillato sulla coscia, mortacci loro!
Mi rimetto dritto e taglio il traguardo dando il cinque a tutti i gladiatori in parata sull'arrivo: piccola soddisfazione, liberazione e rabbia.
Il resto della giornata è solo un tamponare a suon di pastiglie lo stomaco colabrodo e tenere i piedi sul letto gonfi e doloranti, alla cena delle medaglie riesco a stento a gustare la pasta e quella medaglia mi sembra troppo pesante, troppi danni per ottenerla e, per la prima volta in 8 maratone, troppo poco divertimento.
Notte dolorante, mattino dolorante, tentativo di fare il turista fallito miseramente, mi rimetto sul letto con il dubbio di riuscire ad alzarmi o se dover chiamare aiuto. Per fortuna "je la faccio" e me ne vado ad aspettare il treno... Mi aspettano un certo numero di giorni a rincorrere uno stato fisico per lo meno decente, e l'unica cosa che penso è che non è giusto, che sono una pippa, che il resto del mondo è meglio di me, che non me lo merito con tutto quello che faccio e provo a fare! So che non è che ho rischiato l'infarto (ma un malessere si), ma non mi sono goduto appieno le cose ed ho fatto un numero enorme di sacrifici... Per questo?! È necessario ammettere che non sono come gli altri, non ci arrivo e con gli ultimi problemi, non ne ho la forza, e proprio questi intensi sforzi peggiorano le mie precarie condizioni.
Per adesso non traggo conclusioni, penso solo a portare il culo a casina mia e improvvisare la normalità fino a quando questa non sarà reale (battuta acida ricevuta: "oh ti sei riposato in vacanza, adesso fai qualcosa").
Ripenso con un rimpianto e un sorriso ai meravigliosi momenti vissuti con gli amici del forum, primo fra tutti il compagno di stanza raptor, insostituibile.
Ho detto che non traggo conclusioni ma quando stai fermo non resta che pensare e non so quanto questo sia un bene: non ho il fisico adatto a fare quello che amo - questo è un fatto - perché non lo so ma è chiaro che chiunque abbia conosciuto in questi anni sulla strada, è partito dietro e mi ha poi stracciato e lasciato ansimante. Non faccio gare e accostamenti con altri, ne uscirei sempre in difetto, ma la corsa stessa mi batte sempre, posso essere più forte di testa di quanto lo sia nel fisico ma la vittoria dell'anima lascia segni tangibili sul corpo, sempre più larghi da rimarginare, sempre più lunghi e difficili da rimarginare: vale la pena dimostrare questa determinazione? Ed è determinazione o stupidità di chi sta facendo qualcosa che, francamente, non è il caso fare: propendo per la seconda.
Posso lasciar perdere, posso correre di meno, più piano, o smettere del tutto: in ogni caso sarò deluso e mi mancherà qualcosa d'ora in poi, una valvola di sfogo che fa uscire la rabbia e la frustrazione che fa entrare acido lattico e gastrico e consuma la vita in sali e aminoacidi.
Proprio ora leggo su un libro queste parole: "di nuovo in sella, dice. È l'unico modo, ragazzo mio. Vaffanculo la sella con tutto il cavallo. Perché no? Dice. Onestamente, peggio di così non potrà andare. Troppo depresso per discutere..."
Alterno la voglia di riprovarci immediatamente alla necessità di mollare. Si vedrà, per ora mi basta tornare a stare bene e "bene speremus"!
Alterno la voglia di riprovarci immediatamente alla necessità di mollare. Si vedrà, per ora mi basta tornare a stare bene e "bene speremus"!
Marco, tu sei il vincitore!
RispondiEliminaChilometri, dolore, sofferenza, cattiva sorte... nessuno può sconfiggerti! E chi pensi sia partito dietro e ti abbia stracciato e lasciato ansimante si è dovuto inchinare di fronte alla tua tempra, al tuo incredibile valore di maratoneta ed al tuo inarrivabile spessore d'uomo.
Adesso goditi il meritato riposo e prendi il tempo necessario per tornare e stracciare tutto e tutti.
Forza Marco... da un tuo grande tifoso
Grazie Andrea sei sempre troppo buono! Vedremo col tempo ma è evidente che non sembra proprio fare per me...
RispondiEliminaPosso solo immaginare cosa hai provato nella secondap arte di gara. Complimenti. L'hai comunque portata a casa
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